Rocca Albornoziana

Il castello prende il nome da Gil Carrillo Alvarez de Albornoz, cardinale e condottiero spagnolo, abilissimo diplomatico, che riconquistò alla Chiesa il potere sui suoi territori, nella seconda metà del 1300, quando essi erano nel potere dei vari signorotti locali, anche a causa della lontananza dei Papi da Roma. Era il periodo della “cattività avignonese”, quando dal 1309 al 1377 la sede papale era ad Avignone, in Francia.
L’azione di Albornoz preparò il ritorno del Papa nella città eterna. Una volta ristabilito, più coi trattati che con le battaglie, il potere temporale della Chiesa, Albornoz provvide a costruire una struttura giuridica (le costituzioni egidiane) e difensiva (le fortezze albornoziane, erette a Perugia, Spoleto, Todi, Assisi, Narni, Piediluco, Gualdo Tadino, Umbertide, Città della Pieve, Cortona, Cesena e Viterbo).
Tra tutte quella di Spoleto e la più importante ed imponente: non si dimentichi che dal nono al quattordicesimo secolo Spoleto era una delle città più importanti d’Italia. Due suoi Duchi (Guido I e suo figlio Lamberto I) divennero Re d’Italia e Imperatori del Sacro Romano Impero. La città era a capo di un territorio che si estendeva fino a Roma ed alle Marche e, nei periodi di massimo splendore, da Parma e Benevento.
La costruzione della rocca fu ordinata, secondo lo storico spoletino Carlo Bandini, da Gil Albornoz nell’aprile del 1362, con una lettera scritta in Romagna e recapitata all’architetto eugubino Mattedo di Giovannello detto il Gattapone (o Guattacapponi). Nella lettera il cardinale gli dava perfino la potestà di requisire manodopera tra i cittadini ! In cinque anni il castello fu completato, e consegnato al podestà nell’ottobre del 1367.
Si tratta di un imponente edificio a pianta rettangolare lungo il cui perimetro svettano sei robuste torri, collegate da camminamenti, che delimitano due distinte aree interne: il cortile delle armi, destinato alle truppe e quello d’onore ad uso del governatore della città. Questo cortile, al cui centro è un bel pozzo con insegne araldiche papali, è circondato da un portico a due piani sul quale si affacciano, tra le altre, una grande sala di rappresentanza e la stanza del castellano, denominata Camera Pinta dai pregevoli affreschi quattrocenteschi.
Nel disegno della pianta sono nascosti accorgimenti estetici /architettonici molto particolari, cui si deve l’originalità e l’assoluto fascino di questo castello.
Innanzi tutto i due cortili hanno le stesse dimensioni: 33 metri x 66, quindi i lati sono in proporzione di 1:2, o di 1:4 se si considera l’intera lunghezza.
Del rettangolo complessivo che ne forma la pianta i due lati corti non sono perpendicolari ai lati lunghi, ma leggermente inclinati, benché paralleli tra loro. Quindi la pianta è in realtà a forma romboidale. Ciò dà un particolare slancio alla vista interna.
Le quattro torri angolari, nemmeno loro sono perpendicolari alle mura, ma leggermente ruotate verso l’interno, per effetto estetico ma anche per consentire una migliore sorveglianza e difesa dei lati corti. Di questi quello verso nord è, per gli stessi motivi, convesso verso l’interno.
Le torri hanno dei nomi: Torre del Forno quella verso il Malborghetto (nord) ed il ponte. Torre della Balestra quella opposta, davanti a San Pietro. Torre Maestra o Spiritata quella centrale verso la città. Torretta l’altra centrale, verso il ponte.
Si noti, infine, che sull’esterno del lato lungo del cortile delle armi, quello rivolto verso la città, è stato aggiunto un volume che si mimetizza perfettamente con l’esistente, tanto da essere difficile da notare, da lontano. Servì le esigenze carcerarie.
Dal 1817 e fino al 1983 è stata adibita a carcere. ai lunghi restauri è seguita l’apertura come museo. Oggi la Rocca è visitabile e raggiungibile a piedi dalla parte bassa della città anche con le scale mobili e gli ascensori. In essa, oltre alle vestigia proprie, anche esposizioni museali.